(…) Così, bene o male, il tempo passò.
Elaine, quel sette di marzo, alle sei di sera, si mise in macchina per raggiungere Edimburgo e l’uomo che amava e che non vedeva da un lunghissimo e faticoso mese.
C’era un bel traffico, dato che era l’ora di punta, ma Elaine si impose di rimanere calma, di guidare con prudenza e porre la massima attenzione nella guida; non voleva certo che le capitasse qualcosa proprio adesso che stava per rivedere il suo amore!
Mentre si districava nel traffico, la sua mente si soffermava sull’immagine di Andrew, sui suoi profondi occhi verdi, sul suo sorriso, che per un mese aveva dovuto solo immaginare e ricordare. Pensò alle sue mani grandi e forti, ma così delicate quando le sfioravano la pelle, che ebbe un brivido di piacere nel considerare che presto l’avrebbero toccata di nuovo.
Il tragitto di poche miglia sembrò stranamente lungo.
Andrew l’aveva chiamata nel mezzogiorno, avvisandola che era arrivato a Edimburgo e aveva preso possesso del suo alloggio, dove avrebbe mangiato qualcosa, avrebbe fatto una bella doccia e si sarebbe preparato per le prime due ore del suo corso di storia. La lezione sarebbe terminata alle sei, quindi le disse che, se fosse arrivata per le sei e mezza in George Square, al William Robertson Building, lui di certo sarebbe stato là ad aspettarla.
Elaine aveva evitato di passare nel centro della città per schivare il traffico peggiore, quindi le deviazioni le fecero perdere qualche minuto. Consultò l’orologio digitale dell’auto: le sei e quaranta, nemmeno troppo in ritardo, tutto sommato.
S’infilò nel primo parcheggio che trovò libero in George Square, chiuse l’auto inserendo l’antifurto e fece a piedi il breve tratto di strada che l’avrebbe portata al numero indicatole da Andrew.
Soffiava un vento gelido dal mare, quella sera, ed Elaine si strinse il bavero del giaccone al collo per proteggersi meglio dal freddo, e camminò con il viso leggermente inclinato verso terra, per evitare che le raffiche le entrassero negli occhi, pungendoli come aculei. Quando capì di essere arrivata all’edificio che le aveva indicato Andrew, sollevò il capo e vide, dal numero civico, di essere al posto giusto: era un moderno palazzo con ampie finestre e per raggiungere l’ingresso bisognava salire una decina di bassi gradini di granito e…
E poi lo vide, seduto su quei gradini, con le braccia appoggiate alle ginocchia, avvolto da una pesante sciarpa e con un berretto di lana in testa: era là, ad aspettare lei, con il sorriso più bello e più felice che Elaine gli avesse mai visto.
Il suo cuore le fece un balzo nel petto e impazzì di gioia: lui era là!
Con nient’altro nella testa se non il desiderio di riabbracciarlo, Elaine si mise a correre verso di lui.(…)
*
G.Freeman – SOTTO IL CIELO DELLA SCOZIA
*
Commenti recenti